"Marcire" in carcere?
Scritto da Cristina Marchesin, 4DS il 21 Marzo 2012.
Il 13 Gennaio 2012 è avvenuta in me la svolta. La mia classe ed io abbiamo partecipato ad un incontro diverso dalle solite attività scolastiche, curioso e allo stesso tempo carico di tensione per alcuni: sto parlando del tanto atteso incontro con degli ex detenuti del carcere di Padova, avvenuto presso una scuola di Portogruaro. Appena siamo arrivati, io mi sono seduta in prima fila, ansiosa e curiosa di sentire i loro vissuti.
A rompere il ghiaccio e a raccontarci la sua storia per prima è stata una signora, ma poi abbiamo ascoltato soprattutto testimonianze di giovani. Più raccontavano e più cresceva in me il senso di colpa per aver espresso pensieri così negativi nei confronti di tali persone. Non avevo mai riflettuto prima su quali potessero essere i vissuti di coloro che compiono dei reati, poiché mi soffermavo solamente a prendere in considerazione l’atto in sé.
Mi riferisco al fatto che, come emergeva dai loro racconti, nella maggior parte dei casi queste persone hanno avuto una vita difficile, aspetto che, unito ad una certa debolezza psicologica, li ha portati a commettere reati anche molto gravi. Ho appreso inoltre cose che non mi sarebbero mai passate per la testa, come il fatto che a fine detenzione viene presentato un conto all’ormai ex detenuto per “l’alloggio”, se così si può chiamare, oppure che la situazione sanitaria in carcere è a dir poco pessima; ed, ancora, che non vi sono sufficienti mansioni per tenere impegnati tutti i carcerati, che potrebbero invece trarre gratificazione da una qualsiasi occupazione.
Il 31 Gennaio abbiamo partecipato al secondo atteso incontro, questa volta, però, direttamente in carcere a Padova. Appena arrivati, ci hanno portati nella “stanza della redazione” del giornale “Ristretti” dove ci attendevano circa una ventina di carcerati con alcuni volontari; anche qui era previsto un incontro con i detenuti, i quali ci hanno invitati a porre loro delle domande e ad esporre i nostri dubbi. Così abbiamo fatto. Loro hanno risposto a tutto ciò che noi chiedevamo, dimostrando grande disponibilità. Dai loro occhi si percepiva benissimo sia il senso di colpa e la frustrazione che si portavano negli animi, sia la loro voglia di mandare messaggi positivi agli altri per far capire che a volte nella vita alcuni sbagli si pagano davvero molto cari: privare della libertà una persona vuole dire infatti strapparle tutto ciò che ha di più prezioso.
Dopo alcune ore, le guardie sono venute a prendere i detenuti per riportarli nelle loro celle e questi ultimi ci hanno salutati stingendoci la mano e regalandoci grandi sorrisi e “pacche” sulle spalle. Noi ragazzi, invece, siamo tornati a Portogruaro.
È stata un’esperienza davvero molto istruttiva e interessante. Ho sentito il bisogno di scrivere questa mia testimonianza perché credo si debba riflettere ancora molto sulla condizione dei detenuti e sulla situazione delle carceri in Italia.