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Intercultura: uno sguardo... un po' più in là

Scritto da prof. Mario Defina il 13 Aprile 2010.

Era l'anno scolastico 1999-2000 quando arrivò la prima ospite di Intercultura nella nostra scuola.  Si chiamava Kristina e veniva dal nord della Germania. Arrivò che non sapeva una parola della nostra lingua e, quando tornò nel suo Paese, eravamo tutti orgogliosi di lei, del suo italiano e della sua pagella. Soprattutto siamo orgogliosi della sua amicizia: fino ad ora è tornata a trovarci ogni anno perché, come dice lei, ogni tanto deve “tornare a casa”, cioè fra di noi.

Poi vennero Elizabeth dalla Danimarca, Arturo dalla Repubblica Dominicana, Bianca dall'Australia, Consuelo dal Cile, Kitty da Hong Kong, Caroline dalla Norvegia, Daniel, Jocelyn e  Kara dagli Usa, Sikai dalla Cina, Neira dalla Bosnia. E quest'anno ci sono Avio dagli Usa e Claire dall'Australia. Tutti ambasciatori della loro cultura presso di noi. Tutte persone che hanno portato o porteranno in patria un'idea dell'Italia, di Portogruaro, del “Marco Belli”, degli insegnanti, dei compagni di classe.

Il fatto che ci fossero ragazzi così coraggiosi da decidere di vivere per sei mesi o un anno in un altro Paese, in un'altra famiglia e in un'altra scuola, dapprima ha suscitato meraviglia, poi l'idea si fatta contagiosa. Così anche i nostri studenti hanno cominciato ad andare in giro per il mondo a vivere l'esperienza interculturale: in collaborazione con Intercultura ne abbiamo mandati in Equador, in Sudafrica, in Danimarca, in Germania, in Brasile, in Finlandia, in Argentina, negli Usa, in Costarica, in Australia. E qualche nostro studente si sta già preparando per il prossimo anno.

Tutto questo ha portato un po' di mondo a casa nostra, un po' del “Marco Belli” in giro per il pianeta, le famiglie si sono aperte sempre di più all'ospitalità e sempre più giovani hanno accettato la sfida dello scambio e dell'educazione interculturale.

Andare a studiare in una scuola all'estero e a vivere presso una famiglia straniera quando si hanno 16-17 anni può essere una delle esperienze più significative della vita, un'avventura che apre la mente e il cuore alla comprensione della diversità, perché ti proietta dentro un mondo diverso, nel quale valgono altre regole, valori, modi di fare e pensare. Dunque non è facile affatto, richiede di riconfigurare il pensiero, è un'avventura nella quale si mettono alla prova fino in fondo le proprie capacità e risorse. Di solito, oltre a potenziare le conoscenze linguistiche e la conoscenza di un altro Paese e di una cultura diversa, se ne esce con “una marcia in più”, fatta di flessibilità, capacità di leggere i fenomeni da più angolazioni, maggiore autonomia, capacità di assumersi responsabilità.

L'esperienza interculturale attraverso lo scambio, l'immersione profonda in un'altra cultura, è soprattutto una via concreta per educare alla mondialità e alla pace, che sono possibili quando si diventa capaci di superare la paura di ciò che non si conosce, gli stereotipi e i pregiudizi. E' questo l'obiettivo primario di Intercultura.

AFS (la rete di cui Intercultura fa parte) è nata nel 1914, quando degli studenti statunitensi che si trovavano in Francia allo scoppio della Prima guerra mondiale decisero di fare gli ambulanzieri per soccorrere i feriti. Reclutarono migliaia di volontari che prestarono servizio durante il conflitto e si ricostituirono, ancora più numerosi, nel 1940.  Nel 1946 l'Associazione decise di trasformare quell’iniziativa in uno strumento di pace, organizzando scambi di studenti delle scuole secondarie tra gli Stati Uniti e l’Europa. Un’idea che si si estese rapidamente. Oggi la rete AFS conta nel mondo più di sessanta Paesi. In Italia opera come Intercultura da oltre cinquant'anni, con più di tremila volontari attivi nei diversi Centri locali, uno dei quali presente a Portogruaro.

Intercultura bandisce ogni anno un concorso rivolto agli studenti di d'età compresa fra i 15 e i 17 anni e, per i programmi di un anno, sei, tre o due mesi, mette a disposizione delle borse di studio, assegnate in base al reddito familiare ed al merito dei candidati. Tutti i programmi dell'Associazione prevedono l'inserimento in famiglie e scuole pubbliche dei Paesi ospitanti. Le due strutture sociali che consentono ai ragazzi di affrontare la sfida dell’educazione interculturale sono, infatti, la famiglia e la scuola.

Se la famiglia che ospita deve fare spazio ad “un altro figlio”, anche per le scuole lo scambio e la mobilità studentesche rappresentano una provocazione interessante: alcune componenti più tradizionaliste della scuola italiana vivono ancora con sospetto la contaminazione con altri sistemi educativi o considerano la cultura solo in termini di libri e di sapere letterario. Trovarsi a gestire la mobilità degli studenti costringe il sistema ad aprirsi e a confrontarsi, a spingere lo sguardo un po' più in là del proprio naso. La pensa così anche l'Unione Europea, che da molti anni si muove nella stessa direzione e promuove, con programmi come i Comenius o gli Erasmus, la mobilità e l'educazione interculturale a tutti i livelli.

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