Incontri e riflessioni

Toh, piccoli politici crescono. Ma anche no!

Scritto da Elisa Tasca, 4BL il 23 Novembre 2011.

Dimissioni date ed ecco che inizia la festa davanti Palazzo Grazioli: urla, cori, salti, insulti e sputi. Piccoli politici crescono? Speriamo non crescano mai. Italia imbarazzata per la seconda volta davanti all’Europa: ecco la vergogna italiana.
Roma, 12 Novembre 2011. Manifestazioni all’insegna d’insulti, risa, scherzetti di qua, sorrisini di là, improvvisazione di trenini e intonazione di cori accompagnati da piccole orchestre. Immancabile presenza della guest star: birra a palate. Oktoberfest? Sagra paesana?  No, no. Dimissioni del Presidente del Consiglio.
Palazzo Grazioli è invaso da una folla inferocita che, fiera e soddisfatta, mostra al popolo italiano lo striscione con scritto “Giorno della Liberazione”, oppure c’è chi, pur essendo onorevole (di nome o titolo forse, ma non di fatto) entusiasta ed eccitato, mostra il suo stato d’animo alla folla facendo il “gesto dell’ombrello”. Una meraviglia! Alla faccia della razionalità, del buon senso, della giustizia, della correttezza, della gentilezza, del rispetto, dell’educazione… e chi più ne ha più ne metta. Paragonare le dimissioni di un politico (qualsiasi) al giorno della Liberazione dovrebbe far rabbrividire chiunque. Ma ciò non è accaduto, almeno non a tutti. Forse perché sul valore dell’educazione e sull’importanza della “conoscenza” prevale l’ignoranza.
Se si sapesse che il 25 Aprile ricorre l’anniversario della liberazione dal nazifascismo, forse ci si soffermerebbe di più a riflettere sul significato delle parole, prima di urlarle a vanvera e a sproposito.
Torniamo al 12 novembre. Il momento tanto atteso è arrivato con le dimissioni certe e annunciate del Presidente del Consiglio. Si aspetta solo che esca da palazzo Grazioli. Ed eccoci di fronte alla bassezza umana: accolto come un vero e proprio filibustiere, quando esce riceve urla, insulti, lanci di monetine e  sputi.
La crisi ci ha colpiti e questo è palese; sbarcare il lunario è difficile per molti e anche questa è una realtà di fatto. I danni della crisi sono gravi e visibili all’interno della società: aziende fallite, negozi chiusi, borse che crollano, spread altissimo… Inoltre l’Italia è giustamente indignata per i privilegi di cui godono i politici: pensioni d’oro, stipendi altissimi, vitalizi, auto blu, ristoranti, palestre, cinema, treatri gratis… Ma è bene ricordare che la crisi non è riconducibile solo alla casta politica o al fallimento delle banche statunitensi. I problemi sono più profondi, più complessi e non riguardano solo l’Italia.
Sembra inoltre che questa crisi non sia solo economica, ma abbia provocato anche gravi effetti collaterali agli italiani. Dov’è infatti quella dignità umana che sarebbe necessaria, un volano indispensabile in questo periodo difficile? Sputare alla gente non è di certo simbolo di dignità, anzi: stiamo degenerando a comportamenti sempre più animaleschi.
Complimenti! Invece di convincere l’intera Europa a fidarsi dell’Italia, ci mostriamo come o peggio di quello che siamo. Non vorrei comprendere tutti gli italiani, perché sono certa che le persone in Italia dotate di buon senso sono la maggioranza, ma l’Europa e il mondo…guardano la tivù, vedono le foto sui giornali e leggono gli articoli. Anche la cronaca delle poche centinaia di persone che hanno dato il peggio di sé, ma hanno fatto “notizia”. L’Europa e il mondo non guardano al singolo cittadino ma alla collettività, con il rischio di fare di tutta l’erba un fascio.
Prendo le distanze dai comportamenti ignobili a cui ho assistito il 12 novembre e firmo questo articolo, di cui mi assumo maternità e responsabilità. Sono stanca dei finti buonisti, finti indignati che sollecitano malamente lo Stato a fare qualcosa senza mettere in campo alcuna idea. E’ facile criticare, ma nel momento in cui c’è da metterci la faccia e da rimboccarsi le maniche, tutti si tirano indietro.
Ora siamo in buone mani?  Staremo a vedere.
Circa un mese fa ho scritto un articolo sugli indignados, i black block e gli scontri a Roma, sostenendo che i veri indignati siamo noi. Dunque eccoci qui: doppiamente indignati.

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