Incontri e riflessioni

Notte prima degli esami (e non)

Scritto da Benedetta Cadamuro il 27 Maggio 2010.

Eccomi qua, un’altra volta.
Lo schermo che brilla davanti a me e il libro di inglese sulla scrivania. L’ho portato qui nella speranza di avere l’ispirazione per fare il testo per casa: confronto tra Orwell e Auden. Non so da dove partire.
Eppure non inforco la penna a non mi concentro.
Studia! Studia! Studia! Niente. Opera di auto-convincimento numero ventiquattro  della giornata: fallita.
Studia, che fra poco ci sono gli esami!…
Sì, gli esami. Quell’aula, quegli occhi puntati, quella sensazione di nausea che ti provoca l’ansia. L’esame di Stato, l’ex esame di maturità (per inciso, mi piaceva questa definizione!) quella linea di demarcazione tra la gioventù e l’età adulta, quella tappa fondamentale, quel passo…
Quel passo verso dove?
Eh già, perché a chiunque io chieda, nessuno ha una risposta certa. Chi l’università, chi il lavoro, chi addirittura la famiglia. Ma sono rare le risposte certe e ancora più rare sono le persone con un’idea definita.
Perché per molti, come per me, dopo quel passo c’è il vuoto. Un vuoto che non è un possibile scenario per la realizzazione dei sogni, non è un foglio bianco sul quale scrivere la meravigliosa favola della nostra vita.
E’ un vuoto fatto di paure, di incertezze, di consapevolezza del fatto che fino ad ora abbiamo vissuto in una campana di vetro.
Eppure ci hanno sempre avvertito.
Mamma tipica: “Arriverà il giorno i cui dovrai prenderti delle responsabilità!”.
Prof tipico: “Fuori dal liceo sarà diverso: nessuno vi correrà dietro, nessuno vi guarderà in faccia, nessuno vi dirà di portare i compiti la prossima volta!”. Nessuno, nessuno.
E le certezze, allora? Almeno le più salde, come l’amicizia? Sì, l’amicizia. E’ facile essere amici quando si convive cinque ore tutti i giorni. Sarà più difficile quando io sarò a Venezia e tu a Bologna, perché ci saranno la tua famiglia e la mia, il tuo ragazzo e io mio, i tuoi compagni di facoltà e i miei. Ognuno vorrà un po’ del nostro tempo e per noi non resterà che un messaggio al mese.
Fa paura quell’esame, eh? Sì, fa paura. Lui e tutto quello che comporta.
Eppure sono sicura che, continuando a dilatare e comprimere i polmoni, continueremo tutti, bene o male, a respirare.

Dov’eravamo? Ah già, Orwell…

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