Lettera a Boccaccio
Scritto da Melissa Karabashinze, Classe 3EU il 18 Marzo 2020.

Egr. Giovanni Boccaccio,
le scrivo per sfogarmi con lei della situazione di emergenza che sta vivendo il mio Paese in questo terribile periodo, sperando di essere compresa, come ho cercato di coprendere lei in questi giorni.
A scuola abbiamo studiato la sua biografia e abbiamo approfondito alcune novelle del suo “Decameron” e in questo ultimo periodo ho avuto modo di rileggere le sue parole relative a Firenze devastata dalla peste, in cui riflette su diversi argomenti: l'improvviso irrompere dell'epidemia e la sua veloce propagazione, l'impotenza degli uomini, l'inefficacia dei rimedi approntati, le diverse reazioni delle persone di fronte alla orte incombente... e con dolore registra il fatto che, nella città appestata, vengono meno i vincoli umani, sociali e civili.
Sono sicera: se avessi letto questo testo due,tre mesi fa l'avrei letto con superficialità, perchè spesso, noi esseri umani, facciamo lo sbaglio di restare indifferenti se le cose non ci toccano da vicino e ci svegliamo purtroppo quando è troppo tardi, ma leggendolo ora mi stupisce molto il fatto che i problemi che ci sono nel ventunesimo secolo, sono, in fondo, gli stessi che affliggevano il 1300. Credo che dovremmo imparare dal passato, perché, con le dovute differenze (il Covid-19 non è la peste!) si sta ripetendo una situazione già successa, già affrontata, già superata...
Ora, al posto della peste, a mettere tutto il mondo il ginocchio c'è il Covid-19, un virus molto aggressivo che si manifesta talvolta in modo lieve, ma a volte assume forme acute, anche letali. Può essere trasmesso da una persona infetta all'altra (e a volte da pazienti asintomatici) attraverso contatti diretti con gli altri, la saliva, la tosse, gli starnuti, per cui è fondamentale mantenere la cosiddetta “distanza sociale” e non dobbiamo toccarci bocca, naso, occhi con mani non ancora lavate.
Nel suo testo, come dicevo, una riflessione che ho trovato interessante e molto simile a quello che sto vedendo con i miei occhi, è il fatto che all'interno della città piano piano piano venissero meno i vincoli sociali e civili perchè le persone, spaventate, abbandonavano al loro destino famigliari ed amici e/o non si prendevano più cura del bene comune.
In Italia, ormai da un po', ed ora anche in tanti Paesi europei e del mondo, a seguito di decreti emanati dai Governi, per frenare i contagi, c'è l'obbligo di rimanere a casa e si può uscire solo per comprovati motivi di salute, di famiglia, di lavoro. Purtroppo non tutti rispettano le indicazioni, perchè c'è ancora gente che esce con la scusa che deve portare fuori il cane oppure per correre o camminare (va detto che, da quanto leggpo sui giornali o sento in tivù, spesso si tratta di persone che prima di questa emergenza erano pigrissime!), oppure ci sono persone che, anziché organizzarsi per la spesa, uscire solo uno per famiglia, si recano al supermercato diverse volte al giorno, proprio perché stanche di stare in casa. Abbiamo tutti assistito, inoltre, a veri e propri saccheggi al supermercato: carrelli strapieni per paura di restare senza viveri, nonostante le rassicurazioni del Governo che i beni di prima necessità ci saranno sempre e ci saranno per tutti.
Questi pochi esempi, per dire che, a parer mio, molti di noi, in questo momento difficile, si stanno comportando da egoisti e da irresponsabili, non proteggendo se stessi e mettendo a rischio l'incolumità degli altri, di chi è più debole. Siamo egoisti perchè non pensiamo che ci sono persone che stanno lavorando per noi rischiando la loro vita, come tutto il personale sanitario che sta a contatto con gente infetta, come tutte le persone che lavorano all'interno di farmacie e supermercati che ci offrono un servizio nonostante tutto, come tutti i lavoratori che non hanno avuto il "privilegio", come noi, di rimanere a casa.
Sa cosa trovo assurdo, signor Boccaccio? Che la gente non si renda conto che, se stiamo a casa e rispettiamo tutto ciò che ci viene suggerito dagli esperti, questo incubo finirà più velocemente e si limiterà il numero dei morti. Occorre, però, una seria autodisciplina e dobbiamo capire qual è la posta in gioco.
Insomma: guardandomi intorno, mi pare di poter dire che al suo tempo, come nel nostro, le situazioni di emergenza fanno venir fuori chi siamo davvero e mi auguro che al termine di questo momento difficile ci ritroviamo tutti un po' più umani, che è quello che ci insegna la sua lunga riflessione sulla peste.
Nella speranza che abbia compreso il mio sfogo,
distinti saluti.
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