La gioventù
Scritto da Stella Davis il 01 Aprile 2022.
Quando parliamo di gioventù, dovremmo tutti stare muti e ascoltare principalmente dentro di noi.
Più volte durante la giornata, essendo una studentessa e adolescente, mi chiedo “Sono davvero felice? Sono soltanto un numero in mezzo alla folla?”.
Purtroppo, a causa sia del covid, che ha bloccato i rapporti, sia delle persone che incontro durante le giornate a queste domande ho solo risposte negative.
Andando a scuola, come ogni studente, ci provo, studio, mi metto in gioco, capita di avere momenti “bui” o di fallire in un compito, non c’è nulla di male, vuol dire che sei un essere umano, ma ciò che non è normale è pensare di essere un numero.
Tornare a casa, guardare il registro e dire “Sono un 5?”, conoscere degli amici nuovi o semplicemente parlare coi propri genitori e pensare “Spero che non si accorgano che sono un 5”.
Penso che gli adulti diano tutto troppo per scontato “Studia e prendi bene”, certo, ma sono un
adolescente: soffro di paura, leggo il compito e per i primi 10 minuiti sono in panico totale. Passano 20 minuti, inizio a scrivere tutto ciò che ho studiato faticando giorni prima seduta in camera da letto con i libri davanti aperti, mi esplode la testa e piango per la paura di non potercela fare.
Consegno il compito, passano le ore, torno a casa, ore 14:00, devo studiare e infine mi accorgo che le mie giornate sono diventate un loop. “Sono davvero felice?” É stata una mia scelta di diventare e proseguire come studentessa, non me ne faccio una colpa, mi piacciono le lingue, mi piace interagire con la gente ma non vengo, anzi non veniamo ascoltati.
Se c’è un problema, è sempre colpa del “non aver studiato” o del “trascorre troppo tempo davanti al telefono”. Potrò ascoltare un po’ musica o magari staccare il cervello ogni tanto? Ma infine, qualcuno si interessa DAVVERO alla nostra salute mentale? Io non credo.
Interessarsi veramente non significa chiedere “Come state ragazzi?” per poi nemmeno ascoltare la risposta. Interessarsi veramente non significa che dobbiamo vivere con la paura di scrivere ciò che davvero pensiamo o è emerso nell’assemblea.
Più volte ho osservato in silenzio l’atteggiamento e cambiamento delle lezioni e professori, ma non ho mai notato in particolare l’umanità sincera e interessamento.
Quanti miei compagni o coetanei ho visto piangere per un risultato, perché non possono
svolgere degli hobby, ma la cosa più triste, perché non conoscono vita oltre lo studio.
“Sono felice?” Se questo è il modo in cui devo vedere le persone a cui voglio bene e accorgermi che degli adolescenti provano “montagne russe” durante le giornate degli anni più belli della loro vita che dovrebbero godersi, allora no.