Il progetto “Lavorare con l’arte” è tempo impiegato bene!
Scritto da CINZIA FANTIN, classe 4BU il 15 Aprile 2023.
Nella giornata di lunedì 27 febbraio 2023 ho partecipato alla mia prima conferenza del progetto scolastico “Lavorare con l’arte”: la prof.ssa Katia Toso ha parlato di Zoran Mušič, artista ebreo originario della Slovenia, che durante il periodo nazista venne deportato nel campo di concentramento di Dachau, nei pressi di Monaco di Baviera. I dipinti che lasciò alla storia dopo questo periodo determinante della propria vita sono innumerevoli e ciò che li caratterizza è proprio la loro immediatezza comunicativa, la quale, al primo impatto, può essere davvero sconvolgente: emerge infatti l’esigenza dell’artista di dare ascolto e sfogo alle terribili esperienze vissute nel campo di concentramento e al dolore indescrivibile che provò sulla sua pelle. Gli innumerevoli esempi illustrati dalla prof.ssa Toso mi hanno fatto riflettere su quanto l‘arte sia lo specchio dell’anima e, dunque, sul suo ruolo comunicativo.
Ho inoltre potuto comprendere come sia semplice interpretare un’opera in maniera sbagliata poiché il significato iconologico può benissimo essere l’esatto opposto di ciò che si vede a livello iconografico: le colline spesso presenti nei suoi dipinti hanno un significato molto più oscuro rispetto all’ingannevole serenità che paiono trasmettere. Benché nessuno se lo immaginerebbe mai, esse sono le colline gigantesche di cadaveri che Mušič vedeva quotidianamente.
Ho anche potuto conoscere un serie di opere eseguite con la tecnica a carboncino; nessuna di esse è stata eseguita nei minimi particolari, né l’artista si è preoccupato della loro scarsa dimensione. Eppure la loro espressività è così forte e immediata che sono in grado di riempire perfettamente l’intero foglio: lo scalpore che suscitano i soggetti rappresentati è a dir poco sconvolgente e il dispiacere che si prova nell’ammirarli è la prova della lodevole abilità di Mušič nel renderli verosimili, come se ci trovassimo veramente davanti a queste anime sofferenti e straziate dal dolore. Non avendo i contorni ben definiti, tali raffigurazioni potrebbero dare l’impressione di essere banali schizzi, tuttavia sono tutt’altro: sono il terribile ricordo degli anni trascorsi a Dachau e la consapevolezza dell’impossibilità di dimenticarli; sono la prova concreta dell’immenso dolore e della sofferenza provati; sono l’evidenza della verità di ciò che successe in quegli anni; sono le lacrime versate e l’angoscia provati; sono le esasperate richieste di aiuto mai ascoltate finché le truppe americane non liberarono il campo; sono le tempeste interiori che tormentano l’animo dell’artista; sono gli agghiaccianti ricordi con cui egli sarà costretto a fare i conti ogni giorno; sono i danni arrecati dal silenzio opprimente dell’omertà; sono l’atroce e spietata malvagità umana che spezzò ingiustamente milioni di vite innocenti e tolse la dignità a tante altre; sono il non aver capito che male ci sia ad essere ebrei; sono le parole che Mušič non riuscì mai a pronunciare.
Tutto questo ci fa capire come, a volte, l’arte possa valere molto più di mille parole.
Lunedì 13 marzo, invece, ho partecipato a una conferenza a cura del professore Sandro Pellarin intitolata “Libri di versi”, riguardante un’esposizione di libri oggetto e libri d’artista nata dalla collaborazione tra artisti e poeti. È una mostra, come afferma il prof. Pellarin, “che consente all’arte e alla cultura di diventare qualcosa di vivo a tutti gli effetti”. “Liberi i versi” è una sorta di festival nato nell’intento di rendere la poesia e la cultura qualcosa di più dinamico e correlato con l’arte. Vengono, appunto, esposti degli esempi di libri d’artista e libri oggetto che, accompagnati da creative poesie, ripropongono oggetti ricostruiti in carta, stoffa, legno e svariati materiali tra cui anche bustine di tè e bottoni. Trovo eccezionale il modo in cui i versi di una poesia possano dare forma e vita a immagini dinamiche. È proprio tale aspetto che permette ad arte e poesia di fondersi, poiché l’arte diventa parte integrante del testo poetico e ciò dà vita ad una piacevole interazione tra immagini e parole.
Personalmente, sono rimasta piuttosto colpita da tale conferenza perché non conoscevo questa realtà particolare, ma anche questa è una forma d‘arte a tutti gli effetti, in quanto consente di esprimersi in molteplici modalità, conferendo all’arte una piega insolita ma non meno creativa: con il solo riutilizzo di materiali si può concretizzare e dare vita a idee semplici e originali.
Devo ammettere poi che lunedì 27 marzo ho partecipato molto volentieri alla conferenza “Giovani curatori museali a Palazzo Grassi”, nella quale due allieve del Belli hanno avuto la possibilità di raccontare la loro esperienza riguardante la partecipazione a un progetto di PCTO tenutosi settimanalmente a Venezia. Tale iniziativa è nata dalla consapevolezza della scarsa presenza di pubblico giovane nei musei. La volontà di rendere più accattivante l’idea del museo per i giovani ha dunque spinto gli studenti selezionati per tale progetto a discutere su cosa siano maggiormente orientati gli interessi dei ragazzi e per quali motivi essi pensino al museo come qualcosa di pedante anziché di interessante o stimolante. Tali riflessioni si sono concretizzate nella realizzazione di slogan in grado di colpire e attirare l’attenzione degli adolescenti. Da parte mia, posso dire che questo incontro mi ha spinto a riflettere parecchio riguardo tale questione: forse in Italia non abbiamo l’abitudine di recarci spesso nei musei perché, a differenza di alcuni paesi stranieri, all’interno dei musei italiani non ci sono strutture “di svago” come, ad esempio, piccoli bar o “sale/laboratori” in cui vengano organizzati eventi. Ciò fa sì che il museo venga percepito come una struttura piuttosto distaccata dalla vivacità cittadina e, dunque, si tratta di un “luogo piuttosto serio e tranquillo in cui è bene fare silenzio”. Penso che questa concezione giochi un ruolo fondamentale nel rafforzare lo stereotipo di museo come “luogo noioso e privo di alcun divertimento”.
Nonostante ciò, sono convinta che pubblicizzarlo in un modo diverso possa, a poco a poco, cambiare le cose e coinvolgere nuovamente anche il pubblico giovane. La parte pi complessa sarà ovviamente capire come farlo dopo aver discusso sulle molteplicità di tutti questi aspetti.
Nel pomeriggio di martedì 4 aprile vi è stata una conferenza in presenza in cui la docente Emanuela Ortis ha avuto la possibilità di parlare di Luigi Russolo, un pittore futurista originario di Portogruaro, dal quale ha preso il nome l’omonimo teatro di fronte al Liceo Marco Belli. Mi ha colpito molto la sua biografia, in quanto è chiaramente emerso come egli sia stata una persona sicura di sé e determinata, andando contro la volontà paterna di frequentare l‘Accademia e decidendo, in assoluta autonomia, di dedicarsi all’arte. Al giorno d’oggi lo definiremo “un personaggio fuori dalle righe”, talvolta persino bizzarro e, proprio per questo, piuttosto accattivante.
Il dipinto che mi è piaciuto di più è Profumo: risale al 1910 e si tratta di un’opera composta nel periodo giovanile che risente dell’influenza dell’artista Boccioni, conosciuto da Russolo all’età di 25 anni. Guardando l’opera, l’occhio si lascia coinvolgere da tutte quelle brevi, ma non superficiali, pennellate di colore che si intrecciano tra loro, viene trasportato nel vortice del loro movimento e poi si perde inevitabilmente tra esse, venendo rapito dall’intensità ammaliante del colore. Per di più, l’accostamento di tonalità tra loro complementari, come l’arancio frizzante e il blu intenso, la profondità del viola e la vivacità del giallo, generano deliziosi contrasti che conferiscono ulteriore fascino all’opera. A mio parere, questo dipinto suggerisce un aspetto unico della personalità dell’artista: la passionalità.
RIFLESSIONE PERSONALE SUL PROGETTO
Avendo trovato davvero coinvolgenti le tematiche proposte, ho partecipato volentieri a questo progetto scolastico: le lezioni trattavano argomenti molto originali, attuali e accattivanti. Considero positivo il fatto che ognuna di esse sia stata presentata da docenti differenti, poiché in tal modo ho potuto ascoltare persone diverse, ognuna con il proprio modo di spiegare, che esponevano argomenti diversi. Ho fatto del mio meglio per seguire più lezioni possibili e ne sono soddisfatta perché penso mi abbiano arricchito dentro. Inoltre, mi hanno fatto riflettere molto e conoscere realtà e/o artisti che, a mio parere, vale la pena di approfondire.
Consiglio questo progetto perché è tempo impiegato bene: si tratta di un’iniziativa volta a dimostrare la coesistenza dell’arte assieme alla realtà quotidiana e la sua costante fusione con essa.
PS
A fine maggio 2023, la prof.ssa Emanuela Ortis (penultima a destra) ha tenuto una lezione su Luigi Russolo da Portogruaro a Milano. Biografia di uno dei fondatori del Futurismo. agli studenti della classe 5CU e da questi seguita con molto interesse. L'approfondimento sull'autore si è concluso con la visita a Casa Russolo.