Scritto da Gaetani Giulia
il 29 Settembre 2010.
Comincio dalla fine, dal punteggio totalizzato agli esami: un 95/100 che, per la verità inaspettato, ha certamente stupito me stessa e la mia famiglia, regalandomi una grande soddisfazione. Passato lo stupore, siccome la vita non regala nulla, posso però dire, modestamente, di aver meritato quel voto che non “osavo” sperare: gli anni al “Belli” sono stati cinque anni di studio e di impegno quotidiano. Seminando con costanza, giorno dopo giorno, alla fine del quinquennio il raccolto è stato davvero buono! E non bisogna assolutamente pensare che lo sforzo sia necessario solamente in quinta, in vista degli esami: per esperienza posso dire che il quinto anno è soltanto l’ultimo passo verso una prova di “maturità” nella quale si mette in gioco l’intero percorso scolastico. E poi, perché non impegnarsi con costanza?
Ciò che ognuno di noi dovrebbe capire è che si va a scuola non per imparare a memoria programmi e fare felici i professori, ma per applicare nella vita ciò che la scuola ed i docenti ci offrono quotidianamente; cosa che di più mi affascinava e che ora mi manca. E’ un concetto che dovrebbe essere compreso innanzitutto dai genitori, che spesso sono contenti esclusivamente se il proprio figlio prende il massimo dei voti (magari per raccontarlo, orgogliosamente, agli amici) e non gli chiedono mai, quando rientra da scuola, cosa, quel giorno, ha imparato “per sé”, “per la sua vita”. Se torno con la mente ai programmi del liceo, penso che ogni autore, studiato (e quindi “incontrato”) pur a distanza di centinaia di anni, ha avuto sempre qualcosa da insegnarmi. I testi che ho letto, gli aforismi, la concezione della vita degli scrittori e dei filosofi che ho studiato mi si sono stampati nella mente e nel cuore e li porterò con me per la vita, perché, in un certo senso, “sono diventati ME”.
Ad esempio, mi rivedo, in questo periodo, nel “fanciullino” di Giovanni Pascoli: la voglia di tornare a ridere assieme ai compagni di classe, la nostalgia per l’affetto condiviso anche con gli insegnanti, la gioia di andare tutti i giorni in quel luogo dove avevo costruito una seconda famiglia di cui mi sentivo pienamente parte…
È chiaro che la scuola non era solo questo: l’ansia per le interrogazioni e i compiti non mancava e anch’io, spesso e volentieri, stanca per lo studio pomeridiano, avrei voluto lanciare i libri, dicendo: “Ma quando finirà quest’agonia?”.
Poi invece ti accorgi che ti sbagliavi; che era bello anche quel momento passeggero di fatica o di sconforto. E che al liceo ci torneresti subito. Succede probabilmente perché, quando si terminano gli esami, ci si trova di fronte ad un “vuoto”, perché non si sa bene cosa fare e cosa si desidera per il proprio futuro. Eppure lo diceva la mia prof. di lettere: “Quando uscirete di qui, mica avrete la sottoscritta che vi rincorre e vi dice quando dovete studiare e quanto vi dovete impegnare, o vi programma le scadenze!”. Infatti, come si sa, l’Università è un’altra cosa: non si instaura così facilmente un legame con l’insegnante e la sensazione, da subito, è quella di doversi “arrangiare”, sia nell’organizzazione dello studio, sia nella frequenza dei corsi. Se, anziché iscriversi all’Università, si desidera trovare un posto di lavoro, la questione diventa forse ancora più complicata, perché viene chiesta da subito una grande responsabilità e non c’è qualcuno di “compiacente” che ti giustifica se sei in ritardo o se non hai svolto per tempo il lavoro che ti era stato assegnato. Non hai lavorato bene? Torni a casa. Non ci sono “seconde possibilità”, “IDEI”, “corsi di recupero”, “esami di riparazione”. Sei licenziato (nel senso che hai perso il lavoro).
Come diplomata, dunque, il consiglio più sincero che sento di offrire agli studenti che ancora frequentano il liceo è quello di cercare di dare sempre il massimo e di studiare costantemente, perché solo così si arriva all’esame sicuri di conoscere i nodi concettuali di tutte le materie e, soprattutto, con un po’ di timore in meno, rispetto a chi si dà da fare solo l’ultimo anno o – peggio – gli ultimi mesi dell’ultimo anno. I risultati di un impegno serio e costante si notano, lo posso assicurare.
Ad ogni modo, anche se non parteciperò più alle lezioni nella “mia” 5AL dell’anno scolastico 2009-2010, so che posso contare su una calorosa accoglienza del “Marco Belli” qualora volessi farci un salto per dare un saluto ai miei ex - professori, ai quali rivolgo un ringraziamento sincero per tutto ciò che mi hanno insegnato negli anni, perché, ripeto, è anche grazie a loro se ho imparato cosa significhi “vivere”.
E’ questo che porterò con me, come se mai avessi terminato i miei studi al liceo!
28/09/2010