Egoisticamente vita
Scritto da Elisa Tasca, 4BL il 18 Gennaio 2012.

Risale a pochi giorni fa la notizia della tragedia della nave “Costa Concordia” incagliatasi contro uno scoglio. Molte cose di questa vicenda fanno rabbrividire, oltre ad un possibile errore umano avvenuto facendo una manovra rischiosa per il solo obiettivo di mostrare la magnificienza e imponenza della nave ai cittadini dell’isola nelle vicinanze; oltre al bilancio delle vittime che sale d’ora in ora; oltre ad un possibile disastro ambientale; oltre ad un macabro e freddo flashback che ci riporta alla notte tra il 14 e 15 aprile 1912, esattamente un secolo fa, data in cui la maestosa nave Titanic si spezzò letteralmente in due dopo aver urtato un iceberg.
Ciò che ancor più fa rabbrividire è ciò che rivelano molti atteggiamenti umani in una sitazione come questa: tragica, triste, difficile, dolorosa. Ciò che più ha accomunato le persone lì, su quella nave, in quei momenti, è stato un profondo egoismo. Un egoismo involontario o consapevole, dettato dai sentimenti più profondi, unico modo per riuscire a mettere in salvo la propria vita. Dai racconti trapela l’immagine di un comandante che lascia la nave prima del tempo, senza assicurarsi che passeggeri e colleghi si siano messi in salvo; di uomini che spintonano e urlano, per ottenere un prezioso posto nelle scialuppe di salvataggio, nonostante la regola sia “prima le donne, i bambini, gli anziani, i disabili”; di uomini e donne che rubano i salvagenti a chi ha difficoltà ad indossarli.
E quante volte ancora, guardandoci intorno, si può parlare di egoismo…
Egoismo di genitori che vorrebbero avere con sé i propri figli per tutta la vita, limitandoli nelle loro potenzialità e non permettendo loro di crescere, di fare esperienze, di cadere e rialzarsi, di affrontare la realtà; tenendoli chiusi e protetti sotto una campana di vetro apparentemente comoda e vantaggiosa.
L’egoismo di chi pretende d’essere capito ma non si sforza a comprendere chi lo circonda, come se il mondo dipendesse da lui, come se l’intero mondo sbagliasse tranne lui, che cerca, invece, di essere sempre al centro dell’attenzione, di stare perennemente sotto i riflettori.
Ma arriverà il momento in cui la morte di una bimba o di un’ intera famiglia, dipesa dall’aver rubato il salvagente, dall’aver strappato un posto nella scialuppa, dal non aver prestato i soccorsi necessari, peserà come un macigno nella coscienza, soffocando ogni spiraglio di serenità e di felicità.
Arriverà il giorno in cui la comoda e vantagggiosa campana di vetro andrà in frantumi, perché nulla è per sempre, e i mille frammenti taglienti, uno ad uno, feriranno dolorosamente nel profondo. E ci sarà chi, troppo tardi, si renderà conto dei suoi errori, capendo d’aver “perso”, non “guadagnato”. E per cosa, poi? Per niente.
Lo capirà quando la luce dei riflettori, ormai flebile, si affievolirà sempre più, fino all’ultimo respiro, spegnendosi silenziosamente e lasciando nel ricordo e nella vita un cupo e solitario THE END.