Incontri e riflessioni

Caro Giacomo

Scritto da anonima il 24 Maggio 2010.

Portogruaro, 07/05/2010
Caro Giacomo,
in questo che tu definiresti uno dei periodi più favorevoli della mia vita, mi sono scoperta all'improvviso più consapevole; riflettendo, grazie alle tue parole, mi sono ritrovata, nel mio intimo, simile a te.
A volte, lo sai, abbiamo la presunzione di pensare che le nostre opinioni, le nostre sensazioni verso l'esterno siano qualcosa di esclusivo, che si rivela solamente a noi e questa, prima di scoprirti, era la mia presunzione.
Spesso capita che io mi perda a divagare in semplici pensieri e per un attimo, non mi crederai, mi è mancato il fiato, quando ho compreso effettivamente qual era e qual è quello stato d'animo che ti angoscia e mi angoscia: la paura di vivere. E’ questo, Giacomo, ciò che ci rende vivi a metà!
Ti chiederai come mai già a quest'età io sia a tal punto immune dalle illusioni e così consapevole della realtà; ti rispondo che è proprio perché non lo sono, che vivo in questa situazione.
M'illudo, tanto quanto te. M'illudo talmente tanto, da lasciarmi vivere passivamente. Esattamente come hai fatto tu, guardo il mondo attraverso una finestra e, pur chiedendomi com'è che tutti riescono a vivere serenamente la loro vita, provo per loro un'invidia smisurata e non per questo riesco a smettere di pensare al passato ed al futuro, perdendomi quel presente che anche tu hai sempre rimpianto.
Che cosa ci manca, Giacomo?
E' proprio questo il punto: non ci manca niente, ma, quasi per una predisposizione innata, non riusciamo a vivere nel presente e viaggiamo, torniamo nel passato, e, lo sai, chissà perché prediligiamo sempre i momenti più dolorosi. Non perché ci piaccia piangerci addosso, no davvero; ma perché, per qualche inspiegabile motivo, non riusciamo a separarcene. E li riviviamo milioni di volte, quegli stessi momenti, tanto che quasi andiamo alla ricerca dei luoghi, degli oggetti che ce li riportano alla memoria.
Sono convinta  - e penso che sarai d'accordo con me - che l'attaccamento ai ricordi è un male incurabile e che esso, purtroppo, ne causa immediatamente un secondo: la paura delle conseguenze, che ci rende incapaci di prendere delle decisioni e di dare una svolta alla nostra vita.
Entrambi abbiamo piena consapevolezza del nostro stato, eppure siamo pervasi da una passività tale da impedirci di muoverci, e che ci imprigiona in una falsa vita.
Ti chiedo: “Abbiamo mai davvero vissuto? C'è mai stato un momento in cui il resto non contasse, se non il presente?”.
Forse ora per te è troppo tardi, ma io ho deciso di prendere alla lettera il tuo consiglio, come ci hai esortato a fare ne “Il sabato del villaggio”,  e cioè di provare a vivere giorno per giorno, anche se dovrò lottare contro la mia indole.
Almeno potrò dire di averci provato, e, se non dovesse funzionare, avrò comunque la certezza di non essere la sola a vivere d'illusioni.
Per tutto ciò che mi hai insegnato, e per avermi aperto gli occhi,

grazie di cuore.



Con ammirazione.

Anonima

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