Cara natura
Scritto da anonimo il 24 Maggio 2010.
Cara natura,
lo so, potrei risultare un po’ pazza nello scriverti, ma anche se so che non mi risponderai mai, ho bisogno di questa lettera per comprendere a fondo il significato e la bellezza di ciò che mi sta intorno.
Ti ho conosciuta come fiore: piccolo e fragile, capace però di tenere sempre la testa alta e di guardare negli occhi quell’immenso vulcano che ti sovrasta.
Ti ho conosciuta come montagna: grande, imponente. Una regina.
Ti ho conosciuta come albero: dolce e tranquillo in una giornata di sole, arrabbiato e agitato sotto gli schiaffi della pioggia e del temporale.
lo so, potrei risultare un po’ pazza nello scriverti, ma anche se so che non mi risponderai mai, ho bisogno di questa lettera per comprendere a fondo il significato e la bellezza di ciò che mi sta intorno.
Ti ho conosciuta come fiore: piccolo e fragile, capace però di tenere sempre la testa alta e di guardare negli occhi quell’immenso vulcano che ti sovrasta.
Ti ho conosciuta come montagna: grande, imponente. Una regina.
Ti ho conosciuta come albero: dolce e tranquillo in una giornata di sole, arrabbiato e agitato sotto gli schiaffi della pioggia e del temporale.
Sei meravigliosa! Segui un meccanismo perfetto e spesso inspiegabile, ma forse non servono spiegazioni: semplicemente sei così perché il mondo deve andare avanti, con o senza l’intervento dell’uomo. Sei superiore ad esso e sei indomabile: sei come un cavallo selvaggio, che tale rimarrà sempre e comunque; saprà sempre correre per le praterie e saprà sempre dove andare, anche senza bisogno di un fantino che gli indichi la via da seguire e lo comandi tirando le briglie. Tu, così immensa, così splendida, continuerai a generare frutti anche senza sapere che hai una specie da nutrire: l’uomo.
Ma tu sai tutto questo? Sai l’importanza che hai sulla Terra? Sai che la tua più grande responsabilità è garantire la sopravvivenza?
Forse sì. Magari no.
E’ questa, cara natura, la differenza che rende grande l’uomo.
Una madre sente i calci di suo figlio nel grembo, lo sente spingere perché ha fretta di vedere il mondo.
Tu le senti nascere le tue creature? Senti le gemme dei fiori che spingono sulle braccia dell’albero, desiderose di respirare l’aria della primavera? Riesci a sentire lo stelo d’erba che preme per sbucare dalla coperta di terra che lo ha protetto dal freddo dell’inverno?
L’uomo riuscirebbe a percepire tutte queste emozioni dentro di sé, solo che non si concentra abbastanza. Però quando è felice, l’uomo lo sa. Quando qualcuno gli fa il solletico, ride.
A te non fanno il solletico i nostri piedi che camminano sulla sabbia? O lo scoiattolo che si arrampica nella pancia dell’albero, per poi sbucargli sulla testa?
Senti di più il dolore delle palle di cannone, forse? Ti colpiscono come un pugno colpisce lo stomaco. E quando senti dolore, o quando sei triste, sai piangere?
L’uomo sì. Spesso versa tante lacrime da poter riempire un vaso e metterci un fiore. E tu questo figlio rubato e messo in quel vaso lo senti? Ne senti la mancanza?
Forse, le frane delle montagne non sono frane. Forse sono le lacrime di quella madre che, seppur così imponente ed enorme, piange perché le hanno strappato il figlio albero. Forse la pioggia non è altro che il pianto delle nuvole che vedono quanto l’uomo sta facendo del male a te, natura, che sei anche madre.
Sì, perché l’uomo sa fare anche del male e tu spesso sembri la sua vittima preferita.
Ti chiedi perché? Non lo so, forse anche tu sei capace di fargli del male, ma probabilmente non ti accorgi di cosa provochi quando ti stiracchi e causi i terremoti, oppure quando starnutisci e nasce l’uragano, o quando sei arrabbiata e arriva un’ alluvione.
Insomma, pure tu fai la tua parte, però a te si perdona tutto, come ad un bambino quando combina un guaio e poi ti sorride. Tu provochi un terremoto e fai nascere un fiore nel deserto.
E alla fine di tutto ti lasci andare: in un fiore che appassisce, in un albero che diventa secco o in una nuvola che si dissolve. Come un anziano che si addormenta nel suo letto con un sorriso, soddisfatto di ciò che ha lasciato, sprofondando in un sonno eterno.
Forse tu sei tutto questo … o forse no.
Anonimo
Ma tu sai tutto questo? Sai l’importanza che hai sulla Terra? Sai che la tua più grande responsabilità è garantire la sopravvivenza?
Forse sì. Magari no.
E’ questa, cara natura, la differenza che rende grande l’uomo.
Una madre sente i calci di suo figlio nel grembo, lo sente spingere perché ha fretta di vedere il mondo.
Tu le senti nascere le tue creature? Senti le gemme dei fiori che spingono sulle braccia dell’albero, desiderose di respirare l’aria della primavera? Riesci a sentire lo stelo d’erba che preme per sbucare dalla coperta di terra che lo ha protetto dal freddo dell’inverno?
L’uomo riuscirebbe a percepire tutte queste emozioni dentro di sé, solo che non si concentra abbastanza. Però quando è felice, l’uomo lo sa. Quando qualcuno gli fa il solletico, ride.
A te non fanno il solletico i nostri piedi che camminano sulla sabbia? O lo scoiattolo che si arrampica nella pancia dell’albero, per poi sbucargli sulla testa?
Senti di più il dolore delle palle di cannone, forse? Ti colpiscono come un pugno colpisce lo stomaco. E quando senti dolore, o quando sei triste, sai piangere?
L’uomo sì. Spesso versa tante lacrime da poter riempire un vaso e metterci un fiore. E tu questo figlio rubato e messo in quel vaso lo senti? Ne senti la mancanza?
Forse, le frane delle montagne non sono frane. Forse sono le lacrime di quella madre che, seppur così imponente ed enorme, piange perché le hanno strappato il figlio albero. Forse la pioggia non è altro che il pianto delle nuvole che vedono quanto l’uomo sta facendo del male a te, natura, che sei anche madre.
Sì, perché l’uomo sa fare anche del male e tu spesso sembri la sua vittima preferita.
Ti chiedi perché? Non lo so, forse anche tu sei capace di fargli del male, ma probabilmente non ti accorgi di cosa provochi quando ti stiracchi e causi i terremoti, oppure quando starnutisci e nasce l’uragano, o quando sei arrabbiata e arriva un’ alluvione.
Insomma, pure tu fai la tua parte, però a te si perdona tutto, come ad un bambino quando combina un guaio e poi ti sorride. Tu provochi un terremoto e fai nascere un fiore nel deserto.
E alla fine di tutto ti lasci andare: in un fiore che appassisce, in un albero che diventa secco o in una nuvola che si dissolve. Come un anziano che si addormenta nel suo letto con un sorriso, soddisfatto di ciò che ha lasciato, sprofondando in un sonno eterno.
Forse tu sei tutto questo … o forse no.
Anonimo