Incontri e riflessioni

6 Aprile. Viaggio verso la speranza.

Scritto da Lara Perissinotto, 1AS il 16 Aprile 2011.

6 Aprile. Viaggio verso la speranza.
Siamo partiti dalla Tunisia il 6 Aprile. Io, i miei due figli e mio marito. Siamo diretti in Italia. Non mi è rimasto molto: qualche vestito e nulla più. Abbiamo usato tutti i nostri risparmi, abbiamo venduto anche la nostra piccola casa per pagare il viaggio e avere un po’ di denaro con noi.
Non si torna indietro. Sono certa che in Italia i miei figli avranno un futuro migliore; questo viaggio non sarà vano.
Siamo in molti ma la barca è piccola e così stiamo tutti attaccati, facciamo fatica  a muoverci senza recare disturbo agli altri! Ho perso di vista mio marito quando siamo saliti, ma i miei figli sono qui vicino a me. Li tengo stretti, non li lascerò, qualunque cosa possa succedere. L’Italia è distante e mi hanno detto che ci aspettano altri giorni di viaggio... Il mare per ora è calmo, speriamo che non peggiori! Amir si è addormentato, Ibizam non riesce a dormire: ha sete. Cerco dell’acqua. Finalmente la trovo. Dopo qualche minuto si addormenta anche lei.
E’ mattina, ormai. Il sole sta sorgendo, il mare inizia ad agitarsi. Un uomo si sente male. La colazione si salta, perché, se la facessimo, non avremmo abbastanza cibo per finire il viaggio. Fa caldo e qualcuno inizia ad accusare malori. Sono molto preoccupata per le condizioni fisiche dei miei figli: il più piccolo è debole. Credo abbia preso un’ insolazione e sento che scotta. La mano mi dice che ha la febbre. Dicono che ormai siamo vicini alla terraferma. Il mare però è sempre più inquieto, il vento non dà tregua. La barca ondeggia pericolosamente e inizia a diffondersi il panico. Ci guardiamo attoniti, senza parlare.
Presi dall’angoscia, alcuni perdono l’equilibrio e cadono in mare urlando disperatamente; noi ci teniamo stretti aggrappati alla barca. Qualcuno dice che abbiamo finito il carburante, e così ci lasciamo trasportare dal mare in tempesta.
Ad un certo punto capisco che imbarchiamo acqua, anzi no, stiamo per affondare… Cerco un appiglio con i miei figli… Ecco! Una grande tavola di legno… “Amir!…Ibizam!… Tenetevi qui, presto!”.
Speriamo che qualcuno ci venga a salvare… Devo riuscire a stare calma, a tenere la tavola in equilibrio… Devo. E’ il mio compito di madre salvare i miei figli…
E’ notte. Non so da quante ore siamo qui, in balia del mare che sembra non volersi placare. Sono stremata, ma devo resistere per i miei due piccoli.
Ad un tratto vedo  una luce. Sento che un forte rumore mi sta venendo incontro. È una barca!
Sono stanca, ma devo assolutamente farmi notare… Se agito le braccia forse mi vedranno… Con le poche forze che mi restano cerco di urlare. Non so da dove mi esca la voce, ma penso che mi abbiano sentito. Oppure visto, chissà…
Una luce lampeggia. Ci aiutano a salire sulla barca: da sola non ce la farei.
Ibizam si sveglia. E’ infreddolita ed è molto spaventata. Amir non si sveglia! Lo scuoto, ma niente… Un uomo mi dice che per lui non c’è più niente da fare. E’ lì, immobile, bianco. I suoi occhi che non si aprono mi fanno scoppiare in un pianto disperato. Dove sarà suo padre? Penso a loro, piango e abbraccio forte Ibizam. Ha bisogno di me.

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