Incontri e riflessioni

Nessuno nasce con il reato nel sangue!

Scritto da Maria Bianco Giorgia il 22 Febbraio 2014.

Nessuno nasce con il reato nel sangue!
“Oddio mamma. Non voglio andare. Quelli mi fanno paura!” Così è iniziato, per me, il 29 gennaio.
Con il terrore che mi seguiva come fosse la mia ombra e con in testa mille perplessità, mi sono recata all’incontro con alcuni redattori del giornale “Ristretti Orizzonti”, un periodico creato dai detenuti della Casa di Reclusione di Padova e dall'Istituto Femminile della Giudecca. L’incontro si teneva proprio con alcuni ex-detenuti ed uno in permesso.
All’ingresso non capivo come mai non ci fossero auto della polizia, cellulari per il trasporto dei carcerati e agenti in divisa. Nessun movimento che mi facesse pensare che i detenuti fossero arrivati. “Saranno in ritardo”, mi sono detta.
Prima di entrare ho fatto un bel respiro e… una volta entrata nella stanza dell’incontro eontrro incredula: davanti a me non c’erano degli omoni barbuti e tatuati, ma delle persone comuni.
Mi chiedevo dove fossero i “mostri” descritti da tv e giornali. Mi guardavo attorno ma nulla... tutto intorno a me era tranquillo.
Quando alcune persone hanno iniziato a raccontare le loro esperienze non capivo, non capivo proprio dove fossero quei mostri. Più parlavano, più dentro di me sentivo che qualcosa, però, stava cambiando. Ero curiosa di vedere se potevo trovare dentro a quelle persone un’anima oscura, qualcosa che mi facesse capire che quello che avevo visto nei giornali fino a quel momento fosse la realtà e non un pregiudizio. Ma nulla: più passavano i minuti e più vedevo davanti a me persone comuni, vicini di casa, commessi del supermercato, panettieri…
Finito l’incontro non sapevo a cosa pensare. Anzi no, a una cosa pensavo: dove sono quei mostri? Ancora non lo capivo.
Una volta tornata a casa ho provato a fare quella domanda, che tanto mi turbava, ai miei genitori. Perplessi di questa mia richiesta non hanno saputo darmi una risposta. O meglio, le loro menti non riuscivano ad andare nel profondo della questione e quindi le loro risposte erano scontate: “Come puoi dire che un assassino non è un mostro?”, oppure: “Se qualcuno uccidesse tuo padre, tu come lo giudicheresti? Umano? Non credo proprio”. A quelle parole, non so come, mi sono trovata a “difendere” dei detenuti. Mai avrei pensato di fare una cosa simile.
Solamente dopo alcune riflessioni ho trovato risposta ai miei cambiamenti: avevo superato i miei pregiudizi.
I detenuti non sono persone nate con il “reato nel sangue”, ma sono persone comuni, persone normali come tutti noi che per strane coincidenze della vita e, certo, per responsabilità personali, si sono ritrovati a compiere azioni sbagliate e per esse stanno pagando.
 
Da quest’esperienza ho imparato moltissimo perché abbattere i propri pregiudizi non è cosa semplice, ma io ce l’ho fatta!
Mi piacerebbe che tutti prima o poi trovassero il modo di superare questi ed altri pregiudizi che ci annebbiano la mente e ci rendono incapaci di vedere, dietro la scorza delle nostre e delle altrui fragilità, la sostanza, e cioé l'umanità di ciascuno.

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